L'albero della danza by Kiran Millwood Hargrave

L'albero della danza by Kiran Millwood Hargrave

autore:Kiran Millwood Hargrave [Hargrave, Kiran Millwood]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza


Duecentoventinove ballano

Dorit è in penitenza da tutta la vita. Sua madre e suo padre hanno educato all’espiazione lei, le sue sorelle e i suoi fratelli fin da quando erano piccoli. I sopravvissuti sono ora in alcuni monasteri e in un convento. Dorit invece ha uno scopo piú alto. Non può rinchiudersi in preghiera fra alte mura. La sua vocazione è seguire la catastrofe come un segugio, offrendo mente e corpo nella speranza della salvezza.

A questo scopo si è messa in viaggio per Strasburgo, dove si vive nella disperazione, come in molte altre città, o anche peggio. Da quando la cometa ha condannato il secolo alla dannazione, Strasburgo è diventata infame, assediata dai demoni. Dorit ha con sé le forbici piú affilate e raccoglie le ceneri dei propri fuochi di bivacco. Si smussa i denti sui legnetti e mangia soltanto erba e funghi crudi. Ha il ventre gonfio e non si lava. Arriva in città fetida e trionfante.

Non è la prima ad avere avuto l’idea. La strada è affollata di uomini e donne con la schiena straziata dalla frusta, la testa rasata, il viso e il seno imbrattati, e tutti pregano con il rosario. Dunque deve infliggersi penitenze piú severe del solito.

Vende gli ultimi denti e se li fa cavare senza neppure un goccio di liquore. Rifiuta la garza e sanguina profusamente, affinché la terra assetata si abbeveri. Con la moneta va in una taverna e paga tre donne perché se ne vadano. Loro scrollano le spalle e dichiarano di voler vedere comunque le invasate.

Dorit le segue. Sono hures, come risulta evidente dai loro indumenti e dalle loro maniere, dalla disinvoltura con cui ostentano il corpo per le strade. Dorit non è mai stata cosí disinvolta. Il suo corpo è il ricettacolo della punizione per tutti i peccati terreni, suoi e di tutti gli altri. Benché sia fiera delle proprie sofferenze, osservare queste donne le provoca spasmi dolorosi.

Arrivano al mercato dei cavalli, dove non si vede un solo cavallo. Si vede invece un palco su cui le donne salgono per iniziare a volteggiare fra le altre che già vi ballano. È evidente che se molte fingono, la maggior parte non finge affatto. Doris riconosce lo sguardo vitreo, la vera estraneità della possessione. È una condizione che ha raggiunto soltanto due volte mediante la sofferenza estrema: un prezioso ricordo ravvivato dal prudere della lesione dove si è scorticata il polpaccio.

Dorit si fa largo fra loro. Evidentemente, sono molte quelle possedute dalla divinità per la prima volta. Si consumano rapidamente, come una candela in uno spiffero. Una donna crolla in convulsioni, con gli occhi arrovesciati, bianchi come uova sbucciate. Infine emette un lungo sospiro e non si muove piú, sebbene sia calpestata ripetutamente dalle altre. Dunque è morta.

Dopo qualche tempo se ne accorgono alcuni sgherri, che la portano via, tenendola sollevata al di sopra della folla, con i polsi inerti come colombe strangolate, per andare a gettarla nella fossa comune in cui sono sepolti i poveri.

Con un sorriso Dorit scopre le gengive nude e tenere, poi comincia a ballare.



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